La biblioteca Casanatense possiede un gran numero di opere dell’architetto Luigi Canina, distribuite in varie collocazioni a seconda della tipologia della pubblicazione. Molte di esse sono state digitalizzate e disponibili ad una consultazione online, tutte sono state catalogate in SBN e reperibili nel nostro Opac. 

Volendo dare maggiore diffusione dell’esistenza presso la biblioteca delle opere del grande architetto archeologo, con questo editoriale segnaliamo il nostro posseduto e introduciamo il personaggio e la sua attività: di seguito stralciamo l’ampia voce del Biografico degli Italiani curata da Werner Oechslin, alla quale rinviamo per una lettura completa.

Quinto figlio di Giacomo Camillo e di Maddalena Robusti, nacque a Casale Monferrato il 24 ott. 1795; fu educato dapprima nel collegio agostiniano della vicina Valenza, dove – secondo Oreste Raggi – si manifestò per la prima volta il suo interesse artistico. Nel 1810 si trasferì a Torino per studiare architettura: suoi maestri furono G. Talucchi e, soprattutto, F. Bonsignore; compì i suoi studi – interrotti dal 1812 al 1814 per il servizio militare – nel 1814. Dopo un’attività finora sconosciuta, ma forse al servizio del Bonsignore, che preparava allora i progetti per la Gran Madre di Dio, nel 1818, con una borsa ottenuta per raccomandazione del Talucchi, si trasferì a Roma, da dove avrebbe mandato a Torino le prove della sua attività.

A Roma – secondo il suo amico inglese T. L. Donaldson – il giovane Canina avrebbe prima lavorato per le illustrazioni di una nuova edizione dell’Itinerario di Mariano Vasi. Avrebbe così avuto la possibilità di entrare subito in contatto con A. Nibby, che tuttavia curò le successive edizioni del Vasi servendosi delle vecchie illustrazioni. Poco dopo presentò all’Accademia di S. Luca l’Anfiteatro Flavio, descritto, misurato e restaurato: lavoro storico, che, accompagnato da una quindicina di disegni, fu accolto e giudicato favorevolmente dagli accademici il 28 sett. 1822. A questo periodo risalgono indubbiamente i primi rapporti con Giuseppe Valadier, che effettuava allora nel Colosseo scavi e lavori di restauro e che forse influenzò il giovane Canina nella scelta del tema del lavoro presentato all’Accademia. A questi rapporti si deve senz’altro il primo decisivo orientamento del giovane verso quell’attività di archeologo-architetto, nella quale doveva appunto diventare il vero successore del Valadier.

In quello stesso 1822 il Canina doveva presentare i primi progetti per l’abbellimento della nuova area acquistata dai Borghese per il loro parco verso valle Giulia e via Flaminia. Aiutato dal suo protettore Evasio Gozzani, nel 1825 successe ad Antonio e Marco Asprucci come architetto della famiglia Borghese; dal 1830 divenne, dopo V. Fontana, architetto dei possedimenti Borghese sotto l’amministrazione dei marchesi Gozzani.

Negli anni venti del secolo XIX compì per il principe Camillo Borghese le decorazioni della sua villa romana, illustrate – e confrontate con quelle di villa Adriana a Tivoli – dallo stesso Canina in Le nuove fabbriche della Villa Borghese denominata Pinciana, Roma 1828. A partire dal 1825 realizzò due ponti-viadotti sopra la vecchia strada delle Tre Madonne: il primo in forma di propilei egizi affiancati da portici e da due obelischi con iscrizioni, preparate da W. Gell, che glorificavano casa Borghese; il secondo con un arco di trionfo ad imitazione di quelli romani. Ambedue le costruzioni furono portate a termine nel 1826-27.

Meno originali dei propilei egizi, i quali rappresentano un valido esempio dell’indirizzo egiziano del neoclassicismo del Canina e che si leggono sullo sfondo dei suoi interessi teorici formulati di lì a poco dopo, ma senz’altro più conosciuti e più important, i sono i grandi propilei ionici che costituiscono l’ingresso principale di villa Borghese verso via Flaminia. Dopo grandi difficoltà, delle quali è testimone il ricco epistolario di E. Gozzani, i lavori furono iniziati sul finire del 1827 e terminati nel 1828. Il primo agosto 1829 ebbe luogo l’inaugurazione solenne del monumento e l’iscrizione fu aggiunta nel 1833. Con i grandi propilei, il cui ordine ionico era derivato dal tempio di Posidone sul Sunio in Grecia, l’ancor giovane Canina emerse come uno dei maggiori nuovi esponenti dell’architettura romana. L’opera regge benissimo il confronto con gli altrettanto ambiziosi esempi europei: i propilei di porta Ticinese a Milano di L. Cagnola, del 1814: quelli di D. Burton al Hyde Park Corner di Londra, del 1828; quelli progettati da L. von Klenze a partire dal 1817 per il Königsplatz di Monaco di Baviera. Con quest’opera il Canina assunse a Roma una posizione importante ma, in un momento di scarsi incarichi di rilievo nel campo dell’architettura, dovette prevalentemente indirizzarsi verso la carriera accademica di archeologo, erudito ed esperto.

Studi per la fontana di Esculapio

Sono infatti pochi e di scarso prestigio i lavori architettonici intrapresi a partire da questo momento dal Canina come architetto dei Borghese. A villa Borghese costruì la discussa fontana di Esculapio (1830-33), ingrandì la via principale del parco e infine costruì il prospetto di tempio corinzio, sul modello di un monumento della via Appia, che documenta così il costante interesse archeologico del Canina. Aveva però molti obblighi come consulente di lavori anche di ingegneria, e risale a questo periodo il suo interesse per la meccanica, con l’invenzione di un elevatore chiamato “sedia meccanica”. Collaborò con il macchinista Angelo Lusvergh, diresse lavori idraulici insieme con L. Palazzi e soprintese al riattamento dell’acquedotto Aldobrandini: in questa occasione il Canina ebbe la possibilità di studiare i monumenti antichi del Tuscolano e di pubblicarli poi nella Descrizione dell’antico Tuscolo, Roma 1841. Più importanti, nel settore della tecnica idraulica, sono i lavori per il prosciugamento del lago di Castiglione di Gabi presso Roma, effettuati a partire dal 1837. […]

Fin dal suo arrivo a Roma nel 1818 e contemporaneamente ai primi lavori per i Borghese Canina coltivò, come è stato già detto, i suoi interessi archeologici. Con un saggio Intorno un frammento della marmorea Pianta Capitolina riconosciuto appartenere alle Terme di Tito, pubblicato in Mem. rom. di antichità e di belle arti, II (1825), 4, pp. 119-128, ha inizio una serie di ricerche, che saranno soprattutto stampate, oltre che nelle Memorie, nel Bullettino dell’Instituto di corrispondenza archeologica. Molto più importante è però l’imponente serie di volumi che si inizia nel 1827 con la prima parte dell’Architettura dei principali popoli antichi considerata nei monumenti, dedicata all’Architettura greca.

Frontespizio dell’opera L’architettura romana

Comincia così la vasta opera del Canina come storico dell’architettura ed archeologo, che segue un piano complessivo di pubblicazione assai ben preparato. L’ampio ed ambizioso programma si desume già dal manifesto che precedette la stampa dell’Architettura greca e si inserisce nella tradizione della storiografia contemporanea di J.J. Winckelmann, di L. Cicognara, di J.B. Séroux d’Agincourt e di A. Hirt. Non è quindi un caso che il Canina si sia dimostrato ben presto assai favorevole al progetto di un’edizione italiana della Storia dell’arte dimostrata coi monumenti dell’Agincourt, successivamente stampata a Milano e a Prato. L’opera del Canina è suddivisa in tre sezioni, destinate allo studio dell’architettura egiziana, della greca e della romana, a loro volta tripartite secondo criteri più che altro metodologici. […].

L’attività letteraria del Canina – iniziata con tanta ambizione – è sin dall’inizio legata ai suoi rapporti con il mondo degli artisti e degli studiosi romani. Interrottesi le sue relazioni con Valadier allorché egli, più giovane, fu preferito all’anziano architetto per i lavori di villa Borghese, Canina trovò altre occasioni per entrare in contatto con l’ambiente erudito anche al di fuori dell’Accademia di S. Luca: conobbe il Nibby – se non già nel 1818 – in occasione dell’edizione dei Monumenti scelti della Villa Borghese e Luigi Marini, che metteva a sua disposizione la propria biblioteca. Forse dovette anche a questa conoscenza se si decise a impiantare una sua propria tipografia e calcografia, impresa che permise al Canina di pubblicare a ritmo serrato le proprie opere, e che ben presto gli procurò una stima generale. Fra l’altro ebbe il merito di aver introdotto fra i primi a Roma i nuovi tipi bodoniani. Lo stesso successo della produzione scientifica del Canina si fondava essenzialmente sul funzionamento della sua tipografia che continuò, almeno parzialmente, anche dopo la censura generale del 1849 effettuata dal Vaticano.

L’attività del Canina è pure legata alla vita delle diverse istituzioni romane. Membro dell’Istituto di corrispondenza archeologica sin dalla fondazione (1829), nel 1830 è chiamato a far parte del consiglio direttivo. […]

Con la sua attività di scavo il Canina estese le sue ricerche archeologiche alla Campagna romana. Sono frutto di queste ricerche, oltre a quelle citate, le seguenti pubblicazioni: Descrizione di Cere antica (Roma 1838), Esposizione storica della Campagna romana antica (ibid. 1839), Descrizione dell’antico Tuscolo (ibid. 1841), la Pianta della Campagna romana (ibid. 1843), L’antica città di Veij descritta e dimostrata con i monumenti (ibid. 1847), L’antica Etruria Marittima…, descritta ed illustrata con i monumenti (ibid. 1851).

Della sua attività, di scavo e ricerca, dedicata al complesso monumentale della via Appia, testimoniano i saggi pubbl. negli Annali dell’Instituto nel 1852 e nel 1853, e soprattutto La prima parte della via Appia, dalla porta Capena a Boville, descritta e dimostrata con i monumenti superstiti, pubblicata a Roma nel 1853.

Nel 1842 ebbe inizio il periodo che doveva portare il Canina a contatti internazionali e verso la realizzazione di nuove imprese edilizie: in quell’anno accompagnò, infatti, la regina Maria Cristina a Torino, dopo il suo soggiorno romano. Ammalatosi, fu alloggiato a palazzo Chiablese; qui nacque il progetto di una riedificazione del duomo di Torino: Ricerche sull’architettura più propria dei tempi cristiani, ed applicazione della medesima ad una idea di sostituzione della Chiesa cattedrale di S. Giovanni in Torino (Roma 1843).

Ripubblicato “di molto ampliato” nel 1846 (sempre a Roma), il volume è certamente da considerare come il contributo più importante alla teoria dell’architettura dell’Ottocento da parte del Canina. Esso documenta la sua personale posizione nell’eclettismo ottocentesco, la quale emerge dal modo di affrontare e risolvere i problemi dell’architettura religiosa. Per questa, infatti, propone l’uso del modello basilicale che illustra attraverso esempi di monumenti antichi e paleocristiani ed i suoi stessi progetti per il duomo di Torino e per il santuario di Oropa; offre una serie di quattro prototipi, e giunge infine – sempre sullo sfondo della storia che vide nascere la basilica, secondo il Canina, già nell’architettura egizia – ad una sintesi tra i diversi tipi di basilica e i modi formali classicheggianti. […]

Studi per il catafalco del re Vittorio Emanuele I

A Torino il Canina riceve l’offerta di succedere a F. Bonsignore (morto nel 1843) come professore di architettura. Nel 1845 viene incaricato di eseguire i progetti per il santuario di Oropa.

Canina. accetta volentieri questo incarico, nell’intento di realizzare la sua idea di architettura religiosa, sulla quale stava ragionando proprio in quel periodo. Ultimati nel 1846, i progetti per Oropa saranno infatti inseriti, come è stato già detto, nella seconda edizione delle Ricerche sull’architettura del medesimo anno. Del maggio del 1847 è l’esecuzione del modello, che viene presentato a Pio IX al Quirinale l’8 giugno e quindi trasportato a Torino e ad Oropa (dove è conservato nell’archivio del santuario). I lavori, iniziati nel 1848, furono interrotti l’anno seguente, ma Canina continuò ad occuparsi del progetto, e ancora nel 1856 eseguiva piccole modifiche al modello originario.  Il ritorno da Londra, avvenuto nel 1845, diede occasione al C. di visitare Ravenna, Forlì, Urbino, Pesaro e Spoleto. A Londra ritornò ancora nel 1851 per visitare l’Esposizione universale. [..]

Il terzo viaggio londinese del Canina fu il risultato del suo incontro con il duca di Northumberland avvenuto nel 1853 per il tramite dell’egittologo W. Gardner a proposito del restauro del castello di Almwick. Così, nel giugno 1856, l’architetto decise di recarsi ancora una volta in Inghilterra; partito con l’allievo e assistente G. Montiroli e con il pittore A. Mantovani, l’artista arrivò ad Almwich dopo aver compiuto brevi soste a Parigi e Londra. Si pose in contatto con Cockerell e Th. L. Donaldson, al quale scriveva di voler contribuire, con i suoi lavori ad Almwick, ad un rinnovamento del gusto artistico. Collaborava inoltre alla ricostruzione esatta dei progetti michelangioleschi per S. Pietro destinata al libro Illustrations architectural and pictorial of the genius of Michael Angelo, pubblicato nel 1857. Partito da Londra il 23 sett. 1856, arrivò a Firenze il 12 ott., accolto da P. Poccianti. Il 17 ottobre morì, e fu sepolto in S. Croce.