Gli arcani delle stelle: libri di astrologia in Casanatense [di Antonino Anzaldi]

Non poco l’affanno di molti praticanti (professionisti o dilettanti) l’astrologia nell’andar cercando, a destra e a manca, giustificazioni scientifiche per la lor materia, spesso e volentieri sprezzata da certa cultura accademica e tacciata, quando va bene, di vaniloquio. Né manca, nel cultore delle immagini stellari, un frustrante senso d’inferiorità nell’assistere al riconoscimento, all’accoglimento nell’ufficialità, d’altre discipline ch’egli, fors’anche giustamente, ritiene non meno “fluide” della sua. Prima fra tutte, la psicologia, a cavallo tra filosofia e medicina. Tanto più quando a questa psicologia (che, anche quando è “psicologia del profondo”, viene usata con disinvolta superficialità) si abbarbica pervicacemente. In effetti, quasi non si può più fare a meno, strologando, almeno quando si ha di fronte il ceto culturalmente medio-alto, di far continui riferimenti alla libido, al Super-Io, al “complesso di padre”.

Supremo innamoramento per la “scienza” psicologica: nell’allegro quadro – non si sa quanto bene inteso – della “corrispondenza tra costellazioni celesti e costellazioni interiori”, i simboli planetari e zodiacali vengono tradotti in termini di strutture psichiche e di archetipi junghiani. Dimenticando che, come si è rilevato, Jung ha considerato l’astrologia quale argomento da studiare per le sue implicazioni psicologiche e non perché convinto della validità dei principi astrologici. Ma tant’è, fa sempre un certo effetto, almeno al lettore delle rubriche dei giornali femminili, il nome dello studioso svizzero che, d’altro lato, s’è piuttosto egregiamente avventurato lungo i sentieri della parapsicologia.Né manca l’astrologo (ingenuo?), a volte, di far notare che, per costruire il cosiddetto grafico oroscopico, la carta del cielo, il tema natale o come lo si voglia chiamare, egli “traffica” con latitudini e longitudini, calcola posizioni planetarie, consulta effemeridi (compilate da astronomi, sottolinea), magari usa tavole dei logaritmi. E con ciò vuoi dire che si avvale della geografia astronomica, della trigonometria. Più scienza di così! Vero è che al giorno d’oggi le operazioni appena indicate possono esser compiute in un lampo con il famigerato computer. Meglio ancora: che cosa più del computer può dare allo sprovveduto l’impressione di essere nel cuore stesso della scienza moderna? Laddove, con questo discorso, potrebbe sentirsi un fisico chi, schiacciando l’interruttore della luce, pone in essere un fenomeno elettromagnetico.

Ancora: non pochi, in adorazione della “scienza del mezzo pollo”, la statistica, cercano conferme, per l’appunto statistiche, alle affermazioni tradizionali dell’astrologia. Quale aspetto astrologico accomuna cento morti di cancro? E quale posizione planetaria quarantotto campioni sportivi? Alcuni di questi studi sono stati fatti anche con una certa completezza, e però con risultati tutto sommato non probanti, né a favore né completamente contro l’astrologia.
Insomma, l’astrologia, pur avendo in qualche modo dei contatti, per così dire, con alcune di quelle che vengono ritenute scienze, scienza non sembra essere. Tanto più che le mancano due dei presupposti ritenuti fondamentali perché una disciplina possa legittimamente definirsi scientifica: l’esattezza e la piena verificabilità. Quando mai, in effetti, troviamo, per lo meno sui giornali, due oroscopi uguali, nella sostanza, per un medesimo segno zodiacale?

O. Pisano Astrologia… Antuerpiae, 1613

Vero è che l’astrologia, con queste sue deficienze, si trova in ottima compagnia: i ricordati presupposti, infatti, mancano a molte delle cosiddette “scienze umane” e, tutto sommato, anche alla scienza economica e a quella medica. Quante le diagnosi mediche di fronte al medesimo sintomo, alla medesima sindrome? Tante quanti i medici. E quante le sfumature interpretative di una congiunzione Saturno-Venere? Tante quanti gli astrologi.
E però, azzardando un discorso epistemologico, non possiamo non ricordare come, già da tempo, sia stato rilevato che “le proposizioni scientifiche non sono, secondo i moderni metodologi, proposizioni incondizionatamente vere nel senso che producono per intuizione (l’idea) o attraverso un’operazione sperimentale (il fatto) una verità, ideale o di fatto, presupposta; sono bensì proposizioni di rigore.

La scientificità di un discorso non consiste nella verità, ideale o di fatto, presupposta; sono bensì proposizioni di rigore. La scientificità di un discorso non consiste nella verità, cioè nella corrispondenza della enunciazione ad una realtà obbiettiva, ma nel rigore del suo linguaggio, cioè nella coerenza di un enunciato con tutti gli altri enunciati che fanno sistema con quello… In conseguenza di ciò una scienza si presenta come un sistema chiuso e coerente di proposizioni definite… tanto le ricerche empiriche (la fisica) come quelle formali (la matematica) sono riconosciute come scienze, nel momento in cui le loro proposizioni costituiscono un sistema coerente di enunciati”. Sistema coerente.
Ma, forse, la coerenza non è appunto propria del sistema? E cioè, non si chiama forse sistema solo l’insieme di elementi tra loro coerenti? In effetti, nei dizionari troviamo, alla voce “sistema”, definizioni del tipo: “connessione di elementi in un tutto organico”; “insieme di elementi che costituiscono una organizzazione tipica” “complesso di elementi uniti tra loro o interdipendenti”; “complesso ordinato di cognizioni e di ragionamenti scaturenti da principi comuni” (sistema filosofico). Il sistema, dunque, è retto da una coesione interna, implica l’esistenza di un’unità che mantiene tra gli elementi del sistema stesso certe relazioni, in vista del compimento di certe funzioni”‘. Ora, una fonte non sospetta, sia pure en passant, ha alluso all’astrologia come ad un sistema simbolico. E se la scienza è, come s’è visto sopra, un sistema (coerente), allora l’astrologia, in quanto sistema, potrebbe essere intesa come scienza.

G.T. Gallucci Theatrum mundi… Venezia, 1588

E’ però, l’astrologia, un sistema simbolico, cioè un insieme (coerente) di simboli. E mette conto precisare che cosa, in questo contesto, debba intendersi per simbolo. Non certo mero sema, semplice segno. Il segno, in effetti, è una convenzione arbitraria che lascia estranei l’uno all’altro il significante e il significato. Segni, non simboli, sono, ad esempio, i cosiddetti (erroneamente) simboli matematici o chimici, che presentano un mero carattere rappresentativo e sono, appunto, fondati su una convenzione. Ne è prova la possibilità di attribuire ad essi, anche se diversi, uno stesso significato.
Così, per indicare l’operazione matematica della moltiplicazione, si possono indifferentemente usare sia il punto che la croce di Sant’ Andrea. Né sono simbolo l’allegoria, la metafora, l’emblema, l’apologo, l’attributo, la parabola, tutte forme immaginose che non escono dal quadro della mera rappresentazione.
Il simbolo, invece, è assai più d’un segno: non sta soltanto a rappresentare convenzionalmente una realtà già nota, ma si pone come mezzo per accedere a dimensioni del reale non “percepibili”, non raggiungibili attraverso gli usuali procedimenti logico-razionali. E non ha mancato di notare un non astrologo, in una sua interessantissima opera d’argomento astrologico: “In questo saggio la parola `simbolo’ non è utilizzata nel senso corrente ma riduttivo di: segno, allegoria o qualsiasi altra forma di espressione di una realtà già nel sapere cosciente di un individuo o di una società. `Simbolo’ è utilizzato nel senso di: modo particolare di formulazione di percezioni o intuizioni del reale che altrimenti resterebbero escluse dal sapere cosciente.