La medicina nel XVII secolo attraverso i libri della Biblioteca Casanatense
[dalla prefazione della prof. Luciana Rita Angeletti al Catalogo della Mostra omonima]

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La medicina del Seicento aveva uno statuto di grande incertezza. Incertezza epistemologica: ancora sul difficile crinale tra ‘arte’ e ‘scienza’, la medicina poteva sembrare un sapere per molti versi attardato, se messo a confronto con gli spettacolari coevi successi – non solo teorici, ma anche osservativi e sperimentali – della meccanica, dell’astronomia, delle scienze naturali.
Incertezza pratica: quasi nessuno, fra i medici e fra i pazienti, si faceva eccessive illusioni sull’efficacia reale delle cure, ancora per molti versi simili a quelle tramandate nei tanti ‘libri di segreti’ che il Rinascimento aveva ereditato dall’antichità e dal Medioevo. Incertezza del modello didattico: per tutto il secolo si trascinarono dibattiti progressivamente più stanchi, ma sempre in grado di accendere passioni, fra ‘moderni’ e ‘antichi’, galenisti e novatores, un gruppo questo molto ampio, nel quale si riconoscevano i meccanicisti e i chimici – per altri versi su fronti opposti – alcuni anatomisti e fisiologi, ma anche personaggi ambigui, alchimisti e ciarlatani. […]

I galenisti mantennero quasi ovunque il controllo sugli Studi, e per un tempo più lungo di quanto si sarebbe potuto prevedere, dato il progressivo discredito della teoria umorale. Ma l’impossibilità di sostituire alla chiarezza e all’efficacia didattica dello schema ‘galenico’ – frutto di secoli di elaborazione e dell’apporto della medicina antica, di quella araba, delle elaborazioni rinascimentali – uno schema alternativo resero problematica la diffusione delle nuove teorie. L’opera di alcuni medici mostra perfino nei titoli la compresenza di elementi tradizionali e di tentativi di innovazione. Commenti a Galeno furono stampati e ristampati nel corso del secolo, in Italia (a Napoli: Simone Acampo; ma anche a Padova, Bologna, Roma) e fuori d’Italia (a Lione, a Parigi, ad Amsterdam, a Ginevra). Molte opere contenevano collezioni di flores o sententiae desunti dai testi dei medici greci, romani, arabi. Almeno parzialmente diverso il caso dell’altro grande nome della medicina antica, Ippocrate (come è noto il corpus hippocraticum comprende trattati di età diverse, dall’epoca greca classica all’età alessandrina). L’ippocratismo conobbe anzi un revival che ebbe poi il culmine nel Settecento, quando la medicina ‘naturale’, incentrata sul regime, sull’interesse per l’ambiente e sulla prevenzione delle patologie, ebbe gran fortuna nell’Illuminismo e nel primo Romanticismo.
Di questo inizio di una medicina che si voleva ‘naturale’ sono testimonianza le opere, contenute anche in questo catalogo, di Johann Ludwig Hannemann. Molte edizioni e commenti dei trattati ippocratici furono stampati, in ambito non accademico, come parziale controcanto al galenismo. Né mancarono edizioni dei grandi medici arabi, soprattutto di Avicenna. Per tutto il secolo, del resto, si continuarono a pubblicare le opere di grandi medici del Cinquecento, da Prospero Alpini a Giovanni Argenterio, da Jacopo Berengario a Girolamo Cardano. Nella prima parte del secolo la medicina tradizionale, ancora non scossa dalla rivoluzione scientifica, proseguiva nella consueta redazione di testi: ne è un esempio la produzione, qui ampiamente rappresentata, del medico svizzero Gaspar Bauhin, che scrive opere sulla pietra Bezoar, commenti a Ippocrate, Aristotele, Galeno, una serie di opere anatomiche e un’opera sulle acque minerali e il loro uso terapeutico; o dello spagnolo Gaspar Bravo de Sobremonte.

Il grande sviluppo delle scienze sperimentali non fu comunque senza riflessi sulla medicina, in particolar modo nella seconda metà del secolo. Già in precedenza alcuni pensatori – come Tommaso Campanella, autore del Medicinalium libri, presente in catalogo – avevano messo in discussione l’impianto teorico aristotelico-galenico. L’affermarsi del metodo sperimentale, che in Italia è legato al nome di Galileo Galilei e alla sua scuola, e per la medicina al nome del padovano Santorio Santorio, diede impulso a una medicina e soprattutto a un’anatomia ‘nuova’, che fu in grado di avvalersi di strumenti e tecniche già sperimentate in altri ambiti. All’uso del microscopio sono legate ricerche e risultati innovativi, di Marcello Malpighi sull’anatomia comparata, di Niccolò Stenone sulla struttura e il moto dei muscoli (su questo argomento ebbero grande importanza anche gli studi dell’inglese John Browne), di Lorenzo Bellini sulle urine, di Giorgio Baglivi sulla fibra motrice. Alcuni testi, come quello di Daniello Bartoli del 1679 (Del suono de’ tremori armonici e dell’udito) combinano le nuove conoscenze fisiche con il tentativo di innovare in parallelo settori dell’anatomia e della fisiologia. Più problematica l’applicazione, che pure fu tentata, del metodo matematico-geometrico in campo medico, anatomico e patologico. La iatromeccanica, la riduzione del corpo vivente – e delle sue eventuali disfunzioni – a macchina analizzabile in termini di moti e cadute, leve e pesi, gravità e dinamica dei fluidi, non ebbe successo. L’opera maggiore della iatromeccanica italiana, il De motu animalium (Roma 1681) di Giovanni Alfonso Borelli faceva ricorso alla chimica per spiegare il moto dei corpi e la vita stessa.

L’anatomia conobbe grandi progressi nel corso del secolo. Uno dei settori nei quali la ricerca fu più vivace, a partire dalla rivoluzionaria scoperta harveyana della circolazione del sangue, fu quello del cuore e dei vasi sanguigni: ma indagini sul cuore non erano mancate nella medicina tradizionale, nella quale erano ancora vive le dispute sulla sede (cuore o cervello) dell’anima e delle sue facoltà. Moltissimi i trattati de corde nella produzione della seconda metà del secolo: Jacobus de Back, Thomas Bartholin, l’inglese John Beck. La scoperta della circolazione linfatica, avvenuta nella prima metà del secolo, fu opera dell’italiano Gaspare Aselli. Il meccanismo della nutrizione, e più in generale la questione del metabolismo, erano un altro campo di indagine privilegiato: dallo studio di Giulio Cesare Baricelli sul sudore, al lavoro, già ricordato, di Santorio Santorio, agli innumerevoli testi dedicati al meccanismo della nutrizione. L’altro grande settore di sviluppo della teoria (non ancora della pratica) medica nel corso del secolo fu quello che con un termine oggi caduto in disuso si può definire ‘generazione’: un insieme di tematiche diverse, che andavano dalle teorie sullo sviluppo del feto al dibattito sul ruolo e l’importanza rispettiva del seme maschile e dell’uovo nella costituzione dell’embrione (opere di Louis Barles sull’anatomia e sull’apparato riproduttivo maschile e femminile, di Caspar Bartholin sulle ovaie). Anche in questo settore l’inglese William Harvey fu un pioniere, e come fautore del principio omni ex ovo un nemico dichiarato di coloro che ancora sostenevano la possibilità della generazione spontanea.
All’anatomia erano dedicati studi generali, volumi di grande formato ricchi di tavole, come il testo di Govard Bidloo (Anatomia humanis corporis) più volte ristampato. Nella seconda metà del secolo le nuove scoperte dell’anatomia ‘sottile’ si concretizzarono nella creazione di nuovi sistemi anatomici e medici, come quello del tedesco Johannes Bohn, o quello di Pierre Borel, ispirato alla filosofia naturale cartesiana.

Nonostante la grande importanza attribuita allo studio dei meccanismi cerebrali e nervosi (i maggiori progressi europei in questo settore sono da attribuire agli studi, presto diffusi anche in Italia, dell’inglese John Willis), i disturbi mentali erano ancora classificati secondo categorie molto antiche, come risultato di un’alterazione degli umori che provocava malinconia e altre disfunzioni, ‘passioni’ dell’anima razionale originate nel corpo.

Restavano vivi e preoccupanti fenomeni epidemiologici che avevano funestato i secoli precedenti: la sifilide (curata anche con metodi chimici, come si evince dal testo di David Abercromby presentato nel catalogo) e altre malattie veneree (testi di Nicolas de Blegny, che compila anche libri di segreti ad uso della buona socità parigina, con consigli di bellezza e cosmesi); la peste (testi di Alferi, Alsario della Croce, Giovanni Battista Bindi, Charles Bourgdieu); le febbri, che in Italia, e soprattutto a Roma, erano oggetto di particolare preoccupazione. Oggetto di discussione era il meccanismo di diffusione delle epidemie e la possibilità di intervento delle autorità civili e politiche: si veda il testo di Giovanni Battista Bolognetti, pubblicato in occasione della peste del 1656. Si discuteva anche di altre malattie che avevano uno spiccato profilo sociale, La farmacopea era considerata parte integrante della medicina. Nel corso del secolo ai medicamenti ricavati dai vegetali – che coinvolgevano sul piano pratico la costruzione e il mantenimento degli Orti botanici, e su quello teorico complesse questioni di classificazione – si affiancarono timidamente i rimedi chimici, guardati con sospetto dalla parte più tradizionalista della professione medica.
Non del tutto a torto, del resto, perché i medicamenti chimici, in molti casi più efficaci di quelli derivati dai semplici, erano somministrati in modo del tutto empirico e potevano risultare pericolosissimi per i pazienti (si veda il testo di Giovanni Balcianelli contro l’abuso dell’antimonio). Il dibattito sulla chimica e sulla sua applicazione alla medicina (spagirica) era vivace: sono presenti in catalogo testi di François André e di Robert Boyle, che della spagirica era il massimo rappresentante europeo. I rimedi erano classificati in pubblicazioni ufficiali, ma non mancavano operette e relazioni, a volte anche fogli volanti, che illustravano le virtù miracolose di alcune sostanze (il petrolio, l’opobalsamo, la cioccolata, la china).
Tra i rimedi meritano particolare attenzione – anche per la notevole produzione editoriale cui diedero luogo – le acque minerali (si veda ad esempio il testo di Annibale Camilli sulle acque di Nocera Umbra). La botanica (come la classificazione degli animali viventi) risentì della rivoluzione scientifica: un esempio di questo innesto di nuove classificazioni e scoperte su un tessuto tradizionale è l’opera del siciliano Paolo Boccone, dove si discute anche del problema dei fossili.
Nel catalogo sono presenti farmacopee compilate in molte parti d’Europa: Lione (da Brice Bauderon, che indica anche rimedi chimici); la Sicilia (da Paolo Boccone); Amsterdam (da Abraham Bogaert); Bologna, naturalmente Roma, e Firenze.

Per saperne di più: Bibliotheca medica : il Seicento. Roma, Biblioteca Casanatense, 2001