Boccaccio e il De claris mulieirbus
La Biblioteca Contenitore
Sarà opportuno realizzarla in quella parte del Convento della Minerva che da settentrione guarda il giardino o chiostro, e che da mezzodì guarda il vicolo detto di S. Ignazio.
È con queste parole che viene definito lo spazio che dal 1701, accoglie la Biblioteca Casanatense di Roma. Rintracciamo invece le ragioni ideologiche della sua fondazione nel lascito testamentario del suo fondatore il Cardinale Girolamo Casanate. Da quel momento la Biblioteca ha attraversato tutte le vicende storiche che hanno coinvolto la città di Roma, fino all’ acquisizione da Parte del Regno d’ Italia con l’unità, acquisizione che dopo varie riorganizzazioni e con la nascita dello stato Repubblicano fa della Casanatense una delle 46 Biblioteche gestite dal Ministero della Cultura. Ad oggi il patrimonio custodito ammonta a quattrocentomila volumi che comprendono circa un milione di edizioni librarie al loro interno. In questo piccolo percorso cercheremo di mettere in luce la Biblioteca non solo come contenitore architettonico di libri, ma partendo dalle legature, come in un viaggio al centro della terra, proveremo ad ascoltare alcune storie, che i volumi conservati tra gli scaffali possono raccontarci, dimostrando quanto siano in qualche modo lo specchio della società in cui sono prodotti e quanto la Biblioteca, nell’ accezione più ampia del termine abbia due funzione quella tradizionalmente conservativa della copia fisica del volume e quella di raccoglitore e catalizzatore di storie e idee.
I Volumi
Immaginiamo di estrarre dallo scaffale due dei quattrocentomila volumi conservati nei vari fondi della Biblioteca, potremmo cominciare con il dire che sono due volumi simili fra loro ma diversi il primo e un incunabolo ossia uno dei prodotti della stampa che vanno dalla sua invenzione al 1500 il secondo invece è un volume che ci mostra un prodotto della stampa che ha già stabilito delle sue prerogative e peculiarità. A questo possiamo aggiungere che sono stati stampati tra la fine del 1400 e gli anni Quaranta del 1500, rispettivamente a Berna e Ferrara, in quell’Europa che proprio in quel periodo era nel pieno della riforma protestante che si diffuse così rapidamente nel continente proprio grazie alla stampa stessa. Tornando ai volumi possiamo descrivere la semplice coperta in cartone marmorizzato del primo e quella in pelle marrone ampiamente decorata del secondo, finendo con il dire che le due opere riportano un titolo molto simile, si tratta infatti del: De plurimis claris sceletisque mulieribus. Opus prope diuinum nouissime congestum dell’agostiniano Filippo Foresti e il Ioannis Boccatii de Certaldo insigne opus de claris mulieribus. Opere dal titolo simile ma che in realtà si inseriscono in un rapporto di dipendenza della prima dalla seconda come vedremo più avanti. E che ci restituiscono uno spaccato della vita sociale e intellettuale dell’Europa preumanistica e Rinascimentale.
L’ Opera di Boccaccio
Possiamo considerare l’opera come il primo esempio di trattato di questo tipo scritto con l’intento di celebrare la figura femminile utilizzando la struttura letteraria della raccolta di personaggi illustri, che aveva già una tradizione millenaria, L’ opera di Boccaccio mescola sapientemente L’ intento pedagogico dell’ opera, (vedi l’inserimento delle riflessioni moraleggianti in ogni capitolo che ascriverebbero l’ opera al pieno medioevo) con la vena letteraria dell’ opera e l’ umanità dei suoi personaggi che è stata paragonata da alcuni studiosi all’ intensità narrativa del Decamerone, non dimenticando la modernità dell’ incitamento al saper leggere e studiare per mettere da parte le occupazioni prettamente femminili. È possibile far risalire la prima fase creativa dell’opera all’ estate del 1361, quando ritiratosi a Certaldo in quello che potrebbe essere un autoesilio dalla città di Firenze dovuto alle sue posizioni molto vicine alla congiura anti-guelfa sventata nei mesi precedenti. È il periodo in cui in tre momenti distinti scrive il nucleo originario
dell’opera (102 Biografie e il prologo), Nel giugno del 1362 in concomitanza con l’invito fatto dall’ Acciaiuoli stesso al trasferimento nel Regno di Napoli, troviamo la dedica dell’opera ad Andreina Acciaiuoli sorella di Niccolò Gran Siniscalco del Regno. Ed è proprio in vista del trasferimento, nell’ estate del 1361, che messer Giovanni riorganizza la sua opera ponendo le biografie in ordine cronologico, elimina alcuni capitoli doppioni, rimaneggia il testo inserendo delle considerazioni moraleggianti e strategicamente in ultima posizione, a chiudere la sequela il capitolo che riguarda la Regina Giovanna d’ Angiò dando così all’ opera la veste con cui sarà donata alla sua dedicataria. Dedica che garantirà la libertà di circolazione dell’opera nella corte di Napoli che poi fungerà da trampolino di lancio per una larghissima diffusione del trattato in tutte le corti d’ Europa.
L’ opera di Foresti
Il De claris sceletisque mulieribus del frate agostinano Giacomo Filippo Foresti fu stampato a Ferrara nel 1497 per i tipi di Lorenzo Rossi, con la dedica a Beatrice d’Aragona, vedova di Mattia Corvino d’Ungheria, e cognata del duca Ercole d’Este. Il volume è impreziosito da un complesso apparato xilografico iniziale e da ben 52 piccoli ritratti diversi (molti dei quali ripetuti e talvolta anche con varianti), vere e proprie vignette che segnano l’ingresso di ognuna delle 173 biografie femminili, da Eva fino alla giovanissima e vivente Damigella Trivulzia, messe insieme dall’autore con ben poca originalità attingendo in buona parte da opere note, come il De mulieribus claris del Boccaccio e meno note come la Gynevera o de le clare donne del contemporaneo Giovanni Sabbadino degli Arienti.
Il rapporto tra le due opere
Boccaccio nella sua opera va a caccia del curioso, dell’esotico, dello straordinario, se si vuole anche del mostruoso, Le figure del mito e della storia da lui rievocate costituiscono prevalentemente spunti per raccontare straordinarie novelle, o exempla in forma di brevi racconti, che competono, per efficacia e capacità di coinvolgimento del lettore, con quelli del Decameron. E il risultato è fantastico: la storia e la mitologia classiche, rivisitate da un grande narratore, vengono sottratte all’inerzia, alla polverosa memoria in cui per secoli sono giaciute e restituite nuove, nella brillantissima luce di una prosa divertita e compiaciuta, a un interesse destinato a durare per secoli. Non si può dire che lo stesso risultato venga conseguito da Foresti e da Arienti. Quel materiale tanto attraente e dal potenziale tanto esplosivo dal punto di vista letterario ritorna all’inerzia nelle mani dei due. In compenso sia l’uno che l’altro organizzano i dati biografici secondo criteri storici e cronologici e mettono in primo piano la celebrazione di donne reali, vicine, direttamente conosciute o delle quali possano attingere notizie di prima mano. Sabadino delli Arienti scrive la Gynevera o de le clare donne, una raccolta di biografie che consta di 33 capitoli, in gran parte dedicati a contemporanee, attorno al 1490 (ma l’opera circolerà manoscritta e verrà pubblicata solo nell’Ottocento) e Jacopo Filippo Foresti pubblica il De plurimis claris selectisque mulieribus nel 1497, allineando in ordine cronologico 184 biografie (72 pressoché plagiate da Boccaccio), 30 delle quali di contemporanee. Dal confronto incrociato fra le due opere risulta chiaro che Foresti si servì del manoscritto della Gynevera per costruire gran parte di quei 30 profili3. Nonostante il plagio, sarà comunque la raccolta biografica di Foresti ad avere diffusione e fama: ripubblicata nel De memorabilibus et claris mulieribus da Giovanni Ravisio Testore nel 1521, diventerà fonte di altre raccolte durante l’arco di tutto il secolo successivo.
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