Le stampe per gli Ottavari dei morti dell’Arciconfraternita dell’Orazione e Morte di Roma di Maria Lucia Violo.
Quella delle sacre rappresentazioni per l’Ottavario dei Morti, il periodo di otto giorni di prediche e altre funzioni religiose che aveva inizio con il 1° novembre, era una prassi stabilitasi in Roma dagli anni ’60 del Settecento, proprio per iniziativa dell’Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orazione e Morte. Ben presto, imitata dagli altri sodalizi, divenne uno degli appuntamenti annuali più sentiti e più celebri nell’ambito della devozione popolare romana. Le Compagnie montavano, nei propri cimiteri, un vero e proprio ‘teatrino’ composto di figure in cera, che poteva rappresentare, di volta in volta, un episodio biblico, agiografico, allegorico, di storia ecclesiastica, in ogni caso sempre a finalità didascalica ed edificante. Questo allestimento rimaneva esposto per tutta la durata dell’Ottavario, non di rado ancora di più, per quasi tutta la durata del mese di novembre, e veniva visitato dal gran concorso di devoti che riempivano le chiese e i cimiteri in occasione delle funzioni. Dietro versamento di un’elemosina, si riceveva una stampa rappresentante il medesimo soggetto del ‘teatrino’, unitamente a un foglio di spiegazione che ne illustrava il contenuto.

Le sacre rappresentazioni si protrassero con regolarità dal 1763, anno nel quale abbiamo notizia della prima rappresentazione da parte dell’Orazione e Morte, fino al 1870, quando gli eventi politici portarono a una laicizzazione della città e a un affievolimento generale del sentimento e delle pratiche religiose: in particolare, per ciò che ci interessa, al declino delle rappresentazioni sacre e alla demolizione dei cimiteri. Queste rappresentazioni (che prevedevano una messa in scena caratterizzata da grande spettacolarità e suggestione, che non di rado fu presa dagli scrittori d’oltralpe come prova dell’inclinazione al patetico e al lacrimevole di facile effetto propria dello spirito italiano, e in particolare romano) avevano luogo generalmente nella stanza più interna dei cimiteri sotterranei, detta di «Terra santa», che già di per sé, di frequente, era decorata con veri ossari e altra simbologia lugubre. In essa veniva eretto un vero e proprio palcoscenico, dal boccascena addobbato di neri tendaggi e rami di cipresso, su cui si posizionavano statue in cera, a grandezza naturale, vestite con tutte le cure e spesso in numero considerevole, fino alla decina. L’invenzione e l’esecuzione della scena era affidata ad architetti, pittori e scultori e la realizzazione delle stampe ad incisori i quali, per quanto oggi ci appaiano di fama eminentemente locale, pure ai tempi dovevano godere di una certa stima. La rinomanza delle rappresentazioni era amplificata dalla menzione che ne faceva, almeno dal 1800, il Diario Ordinario del Chracas; e a partire dalla stessa data, un’ulteriore conferma della loro popolarità è data dalle numerose notizie di visite di pontefici e sovrani.

La raccolta di queste incisioni posseduta dalla Casanatense è purtroppo lacunosa, in quanto comprende 82 pezzi (rispetto ai 103 attestati dalle fonti per l’Orazione e Morte ) che coprono un totale di 55 anni; ad essi si affianca il modesto numero di 24 fogli illustrativi. Le incisioni formano, mescolate senza soluzione di continuità ad ulteriori stampe della stessa natura pertinenti alle altre confraternite romane, una collezione unitaria che occupa tre contenitori corrispondenti alle segnature 20.B.II.128, 20.B.III.33 e 20.B.II.34 ed etichettati come “Ottavario dei morti”. Al loro interno la successione e la numerazione delle stampe non sembrano seguire particolari criteri: soltanto per la composizione del raccoglitore 20.B.III.34 è possibile stabilire un criterio autoriale, in quanto esso contiene esclusivamente opere di Bartolomeo e Achille Pinelli, eseguite, per l’appunto, per varie Confraternite.

Una collezione pressoché completa per ciò che concerne tutte le Compagnie si trova in possesso della Biblioteca Universitaria Alessandrina, la cosiddetta Collezione Pieri, in sei volumi, cinque dedicati ai sodalizi romani e uno a quelli dei comuni vicini. Un’altra raccolta relativa alle stampe della sola Orazione e Morte fu messa insieme nel corso degli anni all’interno dell’archivio della Confraternita e ivi è ancora conservata come Collezione De Rossi. Un’altra ancora, simile a quella della Casanatense, altrettanto lacunosa, è posseduta dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Tutte queste collezioni furono assemblate, sullo scorcio del XIX secolo, da librai antiquari romani che poi le vendettero alle nominate biblioteche. Pare che già in questi primi tempi tali incisioni, probabilmente per la loro essenziale natura di stampe d’occasione, costituissero una notevole rarità bibliografica.