Il Codice Valois, il Vangelo del Delfino di Francia, ms 2020 della Biblioteca Casanatense.
la galleria delle immagini
Il 24 febbraio 1525 il re di Francia, Francesco I di Valois-Angoulême, viene sconfitto a Pavia da Carlo V d’Asburgo. “Tutto è perduto tranne l’onore” è la celebre frase che il sovrano francese ha consegnato alla storia dopo il pesante smacco subito. Cade infatti prigioniero sul campo di battaglia e condotto in Spagna dove è trattenuto per quasi un anno. Solo dopo la firma del trattato di Madrid, nel gennaio 1526, riacquisterà la libertà ma a un prezzo altissimo: rinunce territorirali ingenti e, soprattutto, l’invio in Spagna, come ostaggi, dei due figli maggiori, Francesco, il delfino ed Enrico, il secondogenito. Il quadro politico resta critico per il sovrano francese che sarà impegnato in anni di trattative per riavere i giovani rampolli.
La premessa è necessaria per comprendere la storia e le vicissitudini del Codice Valois, ovvero il ms. 2020 conservato presso la Casanatense.
E’ un prezioso codice che contiene l’Evangelistario del delfino Francesco di Valois (1518-1536) e fu confezionato, per l’appunto, nel periodo in cui il piccolo principe stava per partire per la Spagna.
L’edizione facsimilare del Codice Valois, realizzata dalla Casa editrice Vallecchi di Firenze nel 2008, rappresenta un evento di grande importanza culturale, che coniuga perfettamente la campagna divulgativa con il proposito di valorizzare un così prezioso manufatto fino ad oggi non conosciuto quanto il suo rango impone.
Il facsimile, infatti, oltre a non offuscare in alcun modo la bellezza e il fascino dell’ esemplare originale, offre un’opportunità in più a tutti coloro che sono interessati sia allo studio del libro, sia a farne oggetto di collezione. Nello sfogliare il manoscritto, infatti, non solo si apprezza la raffinatezza della sua esecuzione,
ma si viene calati in uno spaccato di storia che richiede partecipazione e comprensione.
In questo senso la politica editoriale mirata alle riproduzioni facsimilari trova sempre più consensi: al di là della sua utilità immediata ai fini della conservazione, un facsimile fornisce la percezione immediata dell’oggetto, delinea il profilo del possessore o del committente di volumi tanto pregiati e dà conto del genere di biblioteche che si costituivano all’ombra – in questo caso – dei “gigli di Francia” o dei blasoni di insigni mecenati bibliofili.
Il manoscritto 2020 fino ad oggi era conosciuto semplicemente come Evangelia totius anni e la sua acquisizione da parte della Casanatense non è documentata a sufficienza. Si tratta di un evangelistario di corte (come è evidente dalla presenza ricorrente nella sua decorazione dello stemma del delfino di Francia) e contiene i brani dei Vangeli letti durante la messa nell’avvicendarsi dell’anno liturgico. Con ogni probabilità la Biblioteca lo acquistò tra la fine del Settecento o nei primi anni dell’Ottocento.
In calce alle carte di guardia del volume restano solo alcune annotazioni anonime settecentesche di ignoti possessori di “transito”, prima dei Domenicani. Una di queste propone un’ ipotetica data d’acquisto (“emptus circa ann. 1767”); l’altra suggerisce, in poche righe affrettate, una fantasiosa attribuzione al pittore Jean Fouquet delle numerose miniature che lo decorano.
Probabilmente, a questo errore iniziale, si ricollega un’ulteriore nota al codice, aggiunta dal padre Giacinto De Ferrari (prefetto della Casanatense dal 1840 al 1850), secondo il quale il manoscritto sarebbe dovuto appartenere al delfino Luigi, divenuto poi re Luigi XI di Francia.
De Ferrari dà notizia di una sua Dissertazione sul codice, stampata a Lione, ma della quale non è rimasta traccia. Di un’acquisizione di tale rilievo, perciò, non vi sono testimonianze attendibili anche se, a quanto pare, i bibliotecari casanatensi furono immediatemente consci dell’importanza e del pregio del volume elegantissimus miniis, picturis auroque ditissimus.
L’espressione stilistica del codice casanatense suggerisce senz’altro una datazione posteriore non solo al regno di Luigi XI ma anche dei suoi immediati successori. Il Codice Valois non fu opera di Jean Fouquet, come vorrebbe la già citata nota anonima vergata sulla carta di guardia, né tanto meno ascrivibile a quel periodo. Gli studi più recenti ed accreditati concordano nel ricondurre il codice all’area di Tours e precisamente all’entourage del Maître de Claude de France.
Il primo a sostenere questa ipotesi è Francois Avril, che amplia l’indagine con la scoperta di un manoscritto “gemello” del nostro Evangelistario, destinato ugualmente ad un principe della famiglia reale e conservato presso la Biblioteca Nazionale di Madrid (ms. Res/51).
Il dato si rivela di estremo interesse perché allarga l’orizzonte di studio ma delinea al tempo stesso limiti più serrati di ricerca. I due evangelistari “gemelli” sarebbero stati commissionati nel 1526, in circostanze ben precise e strettamente correlate all’esecuzione di un terzo codice, conservato a Chantilly (ms. Chantilly 119), destinato anch’esso all’ambiente di corte, e che contiene il libero adattamento dell’ Institution d’un prince jusque l’age de l’adolescence di Erasmo.
Il manoscritto di Chantilly fu copiato probabilmente nel periodo in cui Francesco I fu costretto a mandare i due figli maggiori, il delfino Francesco e il fratello cadetto Enrico (il futuro Enrico II) in Spagna come ostaggi di Carlo V, in cambio della propria libertà.
L’accostamento dei tre manoscritti, conservati oggi in tre sedi differenti (Roma, Madrid e Chantilly) delinea il contesto specifico in cui vennero eseguiti. La partenza dei regali infanti era prossima. Bisognava corredarli in fretta anche del bagaglio religioso-didascalico necessario alla loro educazione in esilio, adeguata al loro rango.
Nel fervore dei preparativi per il viaggio in Spagna l’incarico pressante rimbalza all’atelier che era al servizio della Regina, a quel Maître de Claude de France che, probabilmente, tracciò le linee maestre di come dovessero essere allestiti i volumi e li affidò alla sue consumate maestranze che provvidero all’esecuzione.
I contenuti dei volumi erano necessariamente libri di preghiere e libri di istruzione. Ecco perché il Vangelo ed ecco perché l’adattamento del testo di Erasmo. Ogni scelta era evidentemente mirata alla formazione dei giovani principi, segregati per “ragion di stato”.
Secondo Avril il legame che unisce i tre manoscritti è indiscutibile, non soltanto per la presenza massiccia dei blasoni appartenenti al delfino e ai cadetti che ne costellano la decorazione, ma perché tutti e tre sono riconducibili alla mano di un medesimo artista, un discepolo, seguace o imitatore, del Maître de Claude de France.
E’ stata poi Patricia Stirnemann a ricostruire con inedita argomentazione, la sorte dei tre codici, individuata nella prigionia dei due giovani principi. La chiave interpretativa è data dal manoscritto di Erasmo, Chantilly 316. In particolare, colpisce una miniatura a piena pagina al suo interno dove è raffigurato Cristo al centro della composizione, i figli di Francesco I in ginocchio alla sua destra, affiancati dai propri scudi e san Giacomo di Compostella, a sinistra, in primo piano.
Il delfino porta nell’abbigliamento i colori di infanzia di suo padre, Francesco I, del ramo Valois-Angoulême: bianco, giallo e rosso. Nella stessa immagine la presenza di Giacomo di Compostella, santo e patrono dei “pellegrini”, che non ha nulla a che vedere normalmente con l’insegnamento, rivela piuttosto le circostanze che hanno portato alla realizzazione del manoscritto, ovvero l’incombere della cattività spagnola per i due principini francesi. La contingenza storica affiora attraverso la rappresentazione delle figure-simbolo nella miniatura, facendone scaturire la considerazione che il libro venne confezionato con lo scopo di accompagnare i regali infanti in esilio. La consonanza artistica, inoltre, con il casanatense 2020 e il Madrid Res/51, evidente nello stile delle immagini tipiche del primo quarto del secolo XVI, confermerebbe che, sia il copista che il miniatore, originari di Tours, avrebbero concepito per i principi Francesco e Enrico i tre codici con i rispettivi blasoni, destinati alla loro vita in prigionia.
In particolare, il manoscritto casanatense risulterebbe destinato alla cappella del delfino (chapelle du dauphin) come attesta la specificità dello stemma ricorrente, mentre il manoscritto di Madrid alla cappella dei cadetti (chapelle des cadets), nell’ipotesi che i due fratelli fossero stati separati durante la permanenza spagnola a Valladolid.
Due evangeliari “gemelli”, quindi, eseguiti contestualmente e commissionati per i due figli di Francesco I, che presentano al loro interno lo stesso testo e analogo corredo illustrativo. Identico è lo schema delle celebrazioni liturgiche che comprende le medesime sezioni: il temporale dalla prima domenica di Avvento fino alla XXV domenica di Pentecoste; il santorale con il proprio e il comune dei santi; infine le messe votive .
L’apparato iconografico, tuttavia, non è identico, anche se ricco di miniature a piena pagina e di raffigurazioni tabellari, in formato più piccolo, inserite di solito a illustrare il brano evangelico in prossimità del capo lettera.
Nel manoscritto casanatense il percorso illustrativo nel suo complesso può eggersi come un affascinante itinerario didascalico e morale, una sorta di guida per l’educazione del giovane principe, vista l’insistenza sulla figura di Cristo maestro e sulle parti teoriche delle predicazioni, le più adatte alla riflessione. Del resto, alle immagini è affidato il compito di “imprimersi” più facilmente nella mente di un bambino, recando precisi messaggi. Il racconto visivo segue di necessità la parola ponendo l’accento soprattutto su alcuni episodi particolarmente indicati per la formazione del figlio del re cristianissimo. Oltre alla raffigurazione dei miracoli, l’attenzione della narrazione miniata si focalizza sulla predicazione di Cristo soffermandosi a rappresentare i passi del Nuovo Testamento, legati alla trasmissione della parola di Gesù, quasi accentuando l’aspetto didascalico della sua missione terrena.
L’ambientazione in dimore principesche, soprattutto nelle scene d’interno, e la presenza di personaggi paludati, mostrano il desiderio di richiamare alla mente del destinatario un mileu familiare, forse volgendo la sua riflessione anche sui doveri morali e religiosi di un principe, la sua fermezza nella fede, la necessità dell’esempio da dare a tutti, con un comportamento da perfetto cristiano.
La splendida realizzazione del facsimile del Codice Valois, non sarebbe stata possibile, quindi, senza poter disporre di elementi di comparazione quali si sono rivelati l’Erasmo di Chantilly e l’Evangeliario “gemello” di Madrid. Grazie a loro ha preso corpo un’ipotesi più che dimostrabile, sulla medesima commissone e provenienza ma, soprattutto, si è sgombrato il campo da passati abbagli e improbabili attribuzioni.
Il Codice Valois si colloca, così, tra i protagonisti di uno scenario culturale emozionante e si conferma un piccolo gioiello, non tanto per l’evidente pregio della sua decorazione quanto, piuttosto, per le trame storiche che intessono le sue inquietanti vicissitudini.
Purtroppo non una parola su ciò da parte dei padri Domenicani che pure ne intesero immediatamente il valore e i suoi ragguardevoli “natali”.
Per saperne di più:
Valéerie Auclair, François Avril, Philippe Braunstein L’art du manuscrit de la Renaissance en France. Paris, Samogy éditions d’art ; Chantilly, Musée Condé, Château de Chantilly, 2001 (p. 26-29)
Il se rendit en Italie. Etudes offerts à André Chastel, [Roma], Edizioni dell’Elefante ; Flammarion, 1987, p. 121-133.
Francois Avril et Nicole Reynaud Le manuscrits à peintures en France, 1440-1520. Paris, Bibliotheque nationale de France, 1998