Chiara Diamantini è una librista: parola formata dalla ibridazione della parola artista sulla parola libro. E il vero librista non è soltanto un artista che produce libri d’artista, ma un artista che produce quasi solamente libri e quasi soltanto questo tipo di libri. Dove l’immagine non è, come nei libri comuni, una derivazione del testo; ma dove essa, l’immagine, si presenta connaturata al linguaggio verbale, concatenata alla parola con lo stesso valore semantico. E aggiungerò che Chiara Diamantini è librista anche quando il suo lavoro si avventura su pannelli parietali, perché vi allinea in genere solo sequenze di quadrati e rettangoli come piccole pagine.
Nel suo caso l’ibrida definizione che somma i vocaboli artista e libro, si complica, si approfondisce, si duplica, perché ciò che costituisce l’opera di questa librista nasce unicamente da libri.
Chiara estrapola frammenti di frasi da celebre pagine (di Shakespeare, Leopardi, Nietzsche, Kafka, Eliot, Breton e così via) e li assembla come versi in un rigoroso ordine visivo: la parola pubblicata, da lei sottratta all’originario contesto metrico e narrativo, nel suo citazionismo (affidato a interventi grafici, cromatici, materici, fotografici, a piccoli trasferibili) assume valenze nuove senza che mai al testo matrice venga usata violenza. Viene sì frantumato ma mai manomesso. E conservato ai frammenti anche il preciso ordine dell’originario svolgimento.
La letteratura è dunque il deposito dal quale questa meta-autrice attinge i materiali coi quali costruirà non commenti, non illustrazioni, non rovesciamenti di segno, ma unicamente la propria poesia. Così forse l’espressione che più si addice al suo procedimento può trovarsi nel breve titolo di una sua mostra personale romana di alcuni anni or sono: L’opera sull’opera.
Il patrimonio letterario come fondamento, e insieme come strumento, della sua formulazione verbovisiva. Un allargamento della propria soggettività e altrui brani d’esperienza già setacciati, senza dispersioni, senza scorie. Una desematizzazione del sé, per un congiungimento illimitato. Dove il proprio contributo, la propria particolare voce o meglio, il proprio particolare silenzio, è espresso dalle scelte dell’assemblaggio e dell’accompagnamento iconico.
Dunque questo lavoro veramente meta-fisico nasce da pagine per tornare in pagine, portando la propria trasformazione nello stesso supporto senza mai toccare terra. Un’operazione di secondo grado, intensa e attualissima, idonea com’è all’epoca post-biologica in cui ci troviamo a vivere. Mirella Bentivoglio
Chiara Diamantini è nata nel 1949 a Senigallia dove risiede. Diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, nel 1972 ha cominciato le sue sperimentazioni tra linguaggio e immagine.