
In occasione di questo lungo conclave, dal quale uscì eletto il cardinale Braschi, che assunse il nome di Pio VI, venne pubblicato il dramma per musica Il Conclave dell’anno MDCCLXXIV (Roma 1774). L’operetta era scherzosamente attribuita al Metastasio, ma il celebre poeta romano prestava solo numerosi suoi versi per una satira violenta contro le fazioni del conclave, guidate dai cardinali de Bernis e Albani. L’abile descrizione degli intrighi dei conclavisti, delle loro speranze e dei loro voltafaccia, alternata con quella dei loro momenti di riposo, nei quali addirittura alcuni ballano e si lamentano dover rimanere rinserrati privi dei piaceri della vita mondana, e il clamore suscitato dal fatto che l’operetta venne bruciata per mano del boia a piazza Colonna il 19 nov. 1774 spiegano la sua fortuna; infatti almeno una decina di edizioni apparvero tra il 1774 ed il 1799, oltre ad alcune contraffazioni e traduzioni.
Lo scandalo in effetti fu enorme: il Sacro Collegio emise un “Editto contro li compositori, e spacciatori di scritti maledici, e d’impunità, e premio contro l’autore, o autori del dramma intitolato il Conclave” con il quale si ordinava appunto l’immediata distruzione delle copie dell’opera e si sollecitava il “discuoprimento dell’autore”, ponendo sul suo capo una taglia di 500 scudi.
Malgrado fosse evidente che solo chi avesse avuto conoscenza delle “segrete cose” del conclave avrebbe potuto descrivere certi particolari, il Sacro Collegio preferì trovare un capro espiatorio nell’abate fiorentino Gaetano Sertor, scrittore per il teatro: condannato a morte, la pena gli viene commutata in ergastolo. Ma Sertor si difende con forza dall’infamante accusa, anche indirizzando un memoriale al papa, (testo riportato nell’edizione del 1798 del Conclave pubblicata a Bologna da Marsigli). Dopo pochi mesi l’ergastolo si trasforma in esilio e il povero Sertor, ben risarcito anche economicamente, esce di prigione e riprende la sua attività teatrale.
Anche se l’opera continuò tradizionalmente ad essere attribuita all’abate, il sospetto che l’autore della satira fosse lo stesso maresciallo di Santa Romana Chiesa continuò a circolare; ma finalmente, il ritrovamento da parte Stanislao Cappello di un documento nell’archivio Chigi, (pubblicato in Strenna dei romanisti, XIV (1953), pp. 214-218), confermò l’ipotesi una volta per tutte: l’autore della feroce satira è proprio Sigismondo Chigi.
Di questo “scritto maledico” la Biblioteca Casanatense possiede tre edizioni a stampa (reperibili nell’Opac) e una copia manoscritta; inoltre nella raccolta Editti e Bandi è presente l’Editto contro li compositori… digitalizzato e consultabile in Scaffali digitali. In accompagnamento proponiamo immagini tratte da un’ incisione raffigurante il conclave per l’elezione di papa Innocenzo XII, opera dell’incisore Robert van Auden-Aerd, ed. G.Giacomo e Domenico De’ Rossi, 1691 (collocazione 20.B.I.99/1)
Testi utilizzati per la compilazione di queste brevi note: voce Sigismondo Chigi di Antonio Fiori per il Dizionario Biografico degli Italiani; articolo di Maria Chiara Giorda sul conclave del 1774 pubblicato in La Stampa.it il 1/2/2013